Siate gioiosi!

14 Dicembre 2020 – Città del Vaticano – “Più il Signore è vicino a noi – ha detto il Papa – più siamo nella gioia; più lui è lontano, più siamo nella tristezza. Questa è una regola per i cristiani”. Viviamo una stagione difficile e ci prepariamo al Natale tra regole dettate per far fronte alla pandemia e le difficoltà di un tempo che impone sacrifici, ma anche distrae con le luci e richiami commerciali. In questa domenica, la terza di Avvento, la chiesa ci invita alla gioia. Il Natale non è solo una festa fatta di acquisti e di luci: c’è ben altro dietro questo tempo di attesa, di speranza. E bisogna prepararsi nella gioia per la festa imminente: domenica laetare, cioè gioire. Nelle chiese dell’est si accende un lume che si pone alla finestra – lo faceva san Giovanni Paolo II – o all’interno delle case. Papa Paolo VI alla gioia dedica una Esortazione apostolica: Gaudete in Domino. “La società tecnologica – scrive – ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia”. Perché la gioia è spirituale, abbiamo denaro, sicurezza materiale, eppure “la noia, la malinconia, la tristezza rimangono sfortunatamente la porzione di molti. Ciò giunge talvolta fino all’angoscia e alla disperazione, che l’apparente spensieratezza, la frenesia di felicità presente e i paradisi artificiali non riescono a far scomparire”. Perché, come scrive papa Francesco nella sua Evangelii gaudium “la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento”.

Alle persone presenti in piazza San Pietro, ci sono bambini venuti per la benedizione dei “bambinelli”, e l’albero con il Presepe ci fanno respirare il tempo di Natale, Francesco propone la riflessione sulla gioia cristiana. “L’attesa che viviamo è gioiosa, un po’ come quando aspettiamo la visita di una persona che amiamo molto, ad esempio un grande amico che non vediamo da tanto tempo”.

“Più il Signore è vicino a noi – ha detto il Papa – più siamo nella gioia; più lui è lontano, più siamo nella tristezza. Questa è una regola per i cristiani” che, non dovrebbero mai avere facce tristi. Invece “ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua”, diceva Papa Francesco alcuni anni fa. La vicinanza di Dio, ricordava Benedetto XVI, “non è una questione di spazio e di tempo, bensì una questione di amore: l’amore avvicina”. Il Natale ci viene a ricordare “questa verità fondamentale della nostra fede”.

In questa domenica, Giovanni, nel suo Vangelo, ci propone la figura del Battista, “voce di uno che grida nel deserto”. L’evangelista scrive: “Venne un uomo mandato da Dio […] venne come testimone per dare testimonianza alla luce”. Il Battista è il primo testimone di Gesù “con la parola e con il dono della vita”, ricorda Francesco: “tutti i Vangeli concordano nel mostrare come lui abbia realizzato la sua missione indicando Gesù come il Cristo, l’Inviato di Dio promesso dai profeti. Giovanni era un leader nel suo tempo. La sua fama si era diffusa in tutta la Giudea e oltre, fino alla Galilea. Ma lui non cedette nemmeno per un istante alla tentazione di attirare l’attenzione su di sé: sempre lui orientava a colui che doveva venire. Diceva: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”.

Qui troviamo la prima condizione della gioia cristiana, dice il vescovo di Roma: decentrarsi e mettere al centro Gesù, il quale “è la luce che dà senso pieno alla vita di ogni uomo e donna che viene a questo mondo. È lo stesso dinamismo dell’amore, che mi porta a uscire da me stesso non per perdermi, ma per ritrovarmi mentre mi dono, mentre cerco il bene dell’altro”.

Il cammino della gioia non è una “passeggiata”, Giovanni Battista “ha percorso un lungo cammino per arrivare a testimoniare Gesù”. Ha lasciato tutto sin da giovane, si “è ritirato nel deserto spogliandosi di ogni cosa superflua, per essere più libero di seguire il vento dello Spirito Santo. Certo, alcuni tratti della sua personalità sono unici, irripetibili, non proponibili a tutti. Però la sua testimonianza è paradigmatica per chiunque voglia cercare il senso della propria vita e trovare la vera gioia.

Di qui l’invito ai cristiani ad essere gioiosi: “deve essere la caratteristica della nostra fede, anche nei momenti bui”. No, dunque, a cristiani tristi “che sembrano di essere a una veglia funebre” perché se “non ho la gioia della mia fede, non potrò dare testimonianza”. (Fabio Zavattaro)

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