Il Covid e il volto oscuro dell’Europa: “Così si stanno discriminando i Rom”

9 Dicembre 2020 – Bruxelles – La lista è lunga, a tratti inquietante: ci sono i sequestri di roulotte con il pretesto di imporre misure di allontanamento sociale di emergenza come è accaduto in Belgio, con la conseguenza però di lasciare senza alloggio famiglie con minori e donne in gravidanza. Ci sono gli sgomberi forzati dai campi informali proseguiti malgrado il lockdown, come è successo in Italia, e le percosse, i gas lacrimogeni della polizia e la chiusura preventiva di intere aree con posti di blocco, senza neppure la presenza di casi di Covid-19, come in Bulgaria: le misure iper-securitarie adottate per “controllare” il contagio nelle comunità Rom in giro per l’Europa hanno toccato picchi di grave e oscura discriminazione, soprattutto nei primi mesi della pandemia. Nella cittadina bulgara di Yambol a maggio le autorità si sono spinte fino a inviare sopra il quartiere Rom un elicottero che ha spruzzato 3mila litri di sostanza «disinfettante». Con una popolazione che si aggira tra i 10 e i 12 milioni di persone in tutta Europa, di cui circa 6 milioni residenti nell’Unione, quella Rom è la più numerosa minoranza etnica del Vecchio Continente. «E quella più odiata» aggiunge Romeo Franz, europarlamentare eletto in Germania, lui stesso di etnia Rom. «Quando è iniziata la crisi da Covid-19, molte persone Rom mi hanno scritto e mi hanno spedito video sulle loro condizioni. Senza possibilità di accesso al sistema sanitario e all’acqua potabile in tempi normali, nulla è cambiato con questa crisi sanitaria, niente è stato fatto. Con il coronavirus, il problema più grave però è stato che governi, mondo politico e stampa hanno utilizzato i Rom come capro espiatorio, accusandoli di veicolare il virus». Secondo l’Agenzia Ue per i Diritti Fondamentali, l’80% dei Rom dell’Unione vive al di sotto della soglia di povertà del proprio Stato membro. Uno su tre abita in alloggi privi di acqua corrente.

«Eppure, mentre in Bulgaria le autorità si sono affrettate a bloccare i distretti Rom, non sono riuscite a garantire che i residenti avessero accesso ad acqua, assistenza sanitaria o scorte di cibo e medicinali», segnala un dettagliato report sulle violazioni dei diritti di questa minoranza durante la prima ondata della pandemia in 12 Paesi europei (Italia compresa), pubblicato dal Centro europeo per i diritti dei Rom (Errc) di Bruxelles. «La mancanza di empatia e solidarietà che abbiamo visto nei confronti di questa comunità durante il lockdown è stata davvero inquietante» ha commentato il presidente dell’Errc, Dorde Jovanovic. Dalle Nazioni Unite, dai due Relatori speciali su razzismo e minoranze E. Tendayi Achiume e Fernand de Varennes, è arrivato l’allarme per limitazioni discriminatorie decise «su base etnica». Come è accaduto per moltissimi altri cittadini europei impiegati nel settore informale, anche le comunità Rom sono rimaste largamente senza occupazione ed escluse da misure di sostegno finanziario. Il report di Errc segnala come la chiusura delle scuole e il passaggio all’apprendimento online abbiano aggravato i già pesanti, tradizionali svantaggi degli studenti Rom: «In Ungheria la maggior parte di questi bambini vive in zone rurali senza accesso a Internet, né computer e, in alcuni casi, senza nemmeno l’elettricità. Il ricevimento degli aiuti sociali, poi, dipende dalla frequenza scolastica, dunque per la mancata partecipazione alle lezioni online le famiglie rischiano di vedersi negare servizi sociali vitali e assegni familiari». In Romania migliaia di bambini Rom che dipendevano dai pasti forniti dalle scuole, inoltre, sono rimasti senza sostegno alimentare. Intanto trascorrono i mesi e con la seconda ondata di Covid-19 anche l’impatto delle misure adottate dai diversi governi sulle comunità più marginalizzate del continente si è modificato: «Se calano le violazioni più eclatanti ed estreme contro i quartieri Rom, cominciano invece ad emergere conseguenze di più vasta portata», ci dice Jonathan Lee di Errc. «Una generazione di Rom corre il rischio reale di abbandonare del tutto la scuola, si moltiplicano famiglie che rimangono senza cibo mentre i programmi di aiuto e di assistenza sociale di emergenza non raggiungono le comunità che, senza rappresentanza, perdono l’opportunità di beneficiare degli strumenti di salvataggio. Rispetto alla prima metà del 2020, gli ultimi sei mesi hanno reso davvero visibili quelle fratture e divisioni di lunga data già esistenti nella nostra società». Come dire che il mondo parallelo in cui sono intrappolati i Rom è sempre più distante, separato, discriminato. (Francesca Ghirardelli – Avvenire)

 

 

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