Migrantes: la pandemia di Covid-19 e la protezione internazionale

3 Dicembre 2020 – Roma – La pandemia ha messo a dura prova persino i sistemi sanitari dei Paesi più avanzati. Ma fra i Paesi che ospitano più rifugiati e/o sfollati e/o venezuelani dispersi all’estero, sono soltanto due quelli che, già in una situazione “normale”, dispongono di posti letto ospedalieri sopra lo “standard umanitario” di 18 posti ogni 10.000 abitanti: la Germania (80 posti letto) e la Turchia (28,5). Tutti gli altri, Colombia, Pakistan, Uganda, Siria, RDC (Repubblica Democratica del Congo), Yemen e Somalia si trovano al di sotto. E anche nel “gigante” Nigeria (con 2.200.000 sfollati nei suoi confini) i posti letto ogni 10.000 abitanti sono appena 5. In Yemen, circa 30 milioni di abitanti, quarto Paese al mondo per sfollati interni (oltre 3.600.000 a fine 2019) ma anche con una popolazione straniera rifugiata di 269.000 persone nei suoi confini (più dell’Italia), la guerra civile e regionale che negli ultimi cinque anni ha messo in ginocchio il Paese ha decimato i servizi sanitari. Fra le conseguenze, la stima di un milione di casi di persone colpite dal Covid-19 (contro i 2.000 ufficiali) a metà settembre 2020, con un tasso di mortalità elevatissimo, pari al 30%. Sono solo 11.893 i rifugiati in condizione di vulnerabilità che fra gennaio e agosto 2020, a cavallo della “prima ondata” della pandemia, sono potuti partire in reinsediamento (resettlement) da precari Paesi di primo asilo. Nello stesso periodo del 2019 erano stati 44.527, quasi quattro volte tanti (dati riferiti ai programmi UNHCR).

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