Vangelo Migrante: I domenica di Avvento (Vangelo Mc 13, 33-37)

26 Novembre 2020 – Prima domenica di avvento: ricomincia il ciclo dell’anno liturgico. Il senso di questa rotazione è mettere un bagliore di futuro, una scossa dentro il giro lento di giorni apparentemente uguali. Come a ricordarci che la realtà non è solo quello che si vede, ma che il segreto della nostra vita è oltre noi.

Il tempo che inizia ci insegna cosa spetta a noi fare: andare incontro. Il Vangelo ci mostra come farlo: fate attenzione e vegliate.

Nel Vangelo si parla di un padrone che se ne va e lascia tutto in mano ai suoi servi, a ciascuno il suo compito. Gesù parla spesso di un Dio che mette il mondo nelle nostre mani, che affida tutte le sue creature all’intelligenza fedele e alla tenerezza combattiva dell’uomo. Dio in un certo senso si fa da parte, si fida di noi, ci affida il mondo. L’uomo, da parte sua, è investito di un’enorme responsabilità. Non possiamo più delegare a Dio niente, perché Dio ha delegato tutto a noi.

“Fate attenzione”. L’attenzione è il primo atteggiamento indispensabile per una vita non superficiale; significa porsi in modo ‘sveglio’, consapevole e al tempo stesso ‘sognante’ di fronte alla realtà. Capita, purtroppo, che spesso calpestiamo tesori e non ce ne accorgiamo, camminiamo su gioielli e non ce ne rendiamo conto.

“Vegliate, con gli occhi bene aperti”. Il vegliare è come un guardare avanti, uno scrutare la notte, uno spiare il lento sorgere dell’alba, perché il presente non basta a nessuno.

Il Vangelo ci consegna una vocazione al risveglio, continua, permanente. È questo il senso di tutta la vita: la preparazione fin d’ora all’incontro finale con Dio, attraverso le ‘svolte’ della Sua presenza!

Che non giunga l’Atteso e ci trovi addormentati! La Sua venuta non è una minaccia ma una necessità che ci fa implorare: “se tu squarciassi i cieli e scendessi” (prima lettura). Le deleghe non sono separazione tra padrone e servi ma un legame, che non si interrompe. Mai. Nella storia, la separazione ha visto i servi tronfi della loro autonomia, cadere nell’orrore delle brutture umane.

Non è per finta che il servo diventa custode dei beni e dei poteri ricevuti; così, non è molesta la riapparizione del padrone per compiere quello che solo Lui può fare.

Il rischio di una vita dormiente è che non ci si accorga dell’esistenza stessa, come accade ad una madre quando non sa di essere in attesa. Quando se ne accorge, cambia tutto! Tutto quello che fa è carico di luce e di futuro, oltre che di attenzione. Non c’è tempo per la noia e per le distrazioni.

L’attesa è viva, ravvivante e ravvivata!

p. Gaetano Saracino

 

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