Vangelo Migrante: XXX domenica del Tempo Ordinario (Vangelo Mt 22, 34-40)

22 Ottobre 2020 – Colpiti, ma non convertiti, dalla Parola che sta rivelando al mondo una nuova immagine di Dio, i farisei cercano una nuova occasione di conflitto per mettere in difficoltà Gesù e farlo cadere in fallo cercando di “prenderlo al laccio con una parola”. Uno di loro, un dottore della legge, lo interroga: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”.

Il ‘grande precetto’ era un problema molto discusso nell’ambito dell’ebraismo farisaico che disputava su una possibile gerarchia dei precetti o sull’individuazione di un principio unitario che li racchiudesse tutti.

La risposta di Gesù è molto concisa, chiara e subito persuasiva. Egli raccoglie tutta la Legge e i profeti attorno ai comandamenti dell’amore per Dio e per il prossimo: “Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti”. 

Gli avevano chiesto il comandamento grande e lui ne elenca due. Non si tratta di contenuti inediti ma di parole a loro ben note dall’AT (nel Levitico e nel Deuteronomio); la vera novità consiste nel fatto che le due parole insieme, Dio e prossimo, fanno una sola parola, un unico comandamento. Dice infatti: “il secondo è simile al primo”, speculare. Amerai il prossimo è simile ad ‘amerai Dio’. Il prossimo è speculare a Dio, il prossimo, ogni uomo, ha volto e voce e cuore specchio di Dio. Il suo grido è da ascoltare come fosse parola di Dio, il suo volto è come una pagina del libro sacro.

È proprio questa specularità a colpire i farisei che si trovano radunati lì per porre una questione su Dio, ma nel contempo contro il loro prossimo, Gesù-uomo, di cui cercano la rovina. Il loro atteggiamento mostra in sé tutta l’incongruenza di una fede in Dio che si professa solo a parole, per dogmi e precetti. Trascurano quanto sapevano: per raggiungere Dio bisogna passare attraverso la cura del forestiero (‘non farlo soffrire, perché Dio si è reso solidale con gli ebrei oppressi in Egitto e sta dalla parte di chi vive in quelle condizioni’), della vedova e dell’orfano, del povero e dell’indigente (prima lettura). L’amore per il prossimo, afferma Gesù, è specchio del nostro amore per Dio e tutta la Torah e i profeti sono ‘appesi’ a questi due precetti.

Il primato di Dio è il grande orizzonte della vocazione del credente e, per non svuotarlo, il criterio è ‘amerai’, un’azione al futuro, che non finisce mai. Non equivale ad un codice etico, cui sottostare, ma a lasciarsi coinvolgere in un’esperienza di vita: l’incontro con l’altro che porta i segni di Dio.

P. Gaetano Saracino, CS

 

 

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