I missionari italiani e la loro esperienza nel mondo

14 Ottobre 2020 –

Roma – Domenica prossima si celebra la Giornata Mondiale Missionaria. Il tema scelto dalle Pontificie Opere Missionarie in Italia è “Eccomi, manda me. Tessitori di fraternità”. Testimoni di questa “tela” di fraternità e speranza sono le diverse iniziative portate avanti dalle diocesi italiane in varie parti del mondo e anche tanti missionari del nostro Paese “fidei donum”. Testimonianze che aiutano a riflettere sul senso della vita cristiana e dell’impegno missionario oggi. In questo servizio vogliamo citarne alcuni attraverso le storie pubblicate dai giornali diocesani.

“Chi ha un lavoro giornaliero è stato maggiormente colpito dall’emergenza sanitaria in questo ultimo periodo. Si parla di persone che stanno in strada con la pala, il trapano o il pennello in mano, oppure i proprietari di negozi nei bazar o chi si occupa delle pulizie per le strade o nelle case. Quando la nostra comunità ci ha inviato un contributo di cinquemila Euro dall’Italia, siamo andati a comprare viveri come farina e riso e li abbiamo impacchettati per distribuirli a circa cinquanta famiglie”, racconta al settimanale di Cosenza-Bisignano, “Parola di Vita” Andrea Giordano, genovese di nascita, ma calabrese di origine, in Pakistan come missionario laico fidei donum del Movimento dei Focolari e in missione con una particolare convenzione sostenuta dall’otto per mille destinato alla Chiesa Cattolica, scrive il giornale diretto da don Enzo Gabrieli. Prima della pandemia il giovane si occupava principalmente di attività di evangelizzazione per i giovani e per le comunità e con le famiglie era stato avviato un progetto di aiuto a gruppi di indù che si erano convertiti al Cristianesimo e che vivevano in campagna. In Pakistan – racconta Andrea – il lockdown è stato più blando che in Italia, perché le persone non avevano l’obbligo di rimanere in casa. Però sia i negozi di vestiario che le fabbriche essenziali sono stati chiuse e i trasporti pubblici sono stati interrotti. Il 14 marzo “la mia comunità ha celebrato l’ultima messa, stando attenti a mantenere il distanziamento fisico. Io sono stato fortunato: abitando di fronte alla parrocchia, il mio sacerdote ha detto la messa ogni giorno per me e per le altre tre persone con cui vivevo. Tra i membri della nostra comunità non c’erano casi di indigenza, perché tanti di noi sono insegnanti o infermieri. Tuttavia, la sanità non è pubblica: chi ha bisogno di andare in ospedale deve pagare il servizio”. Il giovane è tornato ad agosto in Italia a Mendicino e vorrebbe tornare in Pakistan.

In Perù vive un altro giovane che proprio alla vigilia del Giornata verrà ordinato sacerdote nella sua diocesi di origine. Si tratta di Damiano Boffo, di Fossalta Maggiore, nella diocesi di Vittorio Veneto. La celebrazione, come riferisce il settimanale “L’azione” è diretto da don Alessio Magonza – sarà presieduta da Mons. Giorgio Barbetta, originario di Sondrio e ausiliare della diocesi di Huari (Perù). È nel seminario di quella diocesi che Damiano ha approfondito la sua vocazione e lì, un anno fa, è stato ordinato diacono, scrive il giornale. Ora il passo del sacerdozio nella sua terra natale “per dare modo ai miei familiari e ai miei tanti amici di essermi vicini” dice. Poi ripartirà per Huari, dove lo attende l’incarico di parroco. Fin da bambino, in famiglia Damiano ha respirato i valori dell’Operazione Mato Grosso: “a 14 anni ho iniziato a partecipare a un gruppo giovani dell’Operazione a San Michele di Piave. Facevamo incontri serali e servizi il sabato e la domenica: imbiancature, raccolte ferro… Il tutto per raccogliere fondi per le missioni dell’Operazione. Ho anche preso parte a campi di lavoro in giro per l’Italia”. L’impatto appena arrivato in Perù – racconta al giornale –  è stato “duro: sono partito pensando di andare a salvare il mondo e invece non è affatto così”. Nella zona di Huari la Chiesa cattolica è ancora ben radicata, “tra la gente c’è una religiosità semplice, tanta devozione, è molto bello”, racconta ancora. Don Damiano tornerà a metà novembre, Covid permettendo.

Il settimanale di Reggio Emilia-Guastalla, “La Libertà”, diretto da Eduardo Tincani racconta questa settimana l’esperienza del “Villaggio del sorriso”, casa di accoglienza delle Suore Missionarie della Consolata a Meru, in Kenya. Il Villaggio del sorriso è una casa di accoglienza designata a ricevere bambini/e senza famiglia e ridare loro dignità, serenità, gioia e futuro, scrive, spiega il giornale: la loro è una storia di sofferenza e umiliazione, ma dopo i primi timori, vivendo nel Villaggio, “tornano a sorridere, guardando al futuro con speranza e s’impegnano a rendere più bella la loro vita”. Complessivamente il Centro ospita 120 persone, attualmente 65 bambine e 55 bambini: 74 frequentano le elementari e scuola materna, 22 nelle secondarie, 16 in attesa di scegliere e frequentare corsi vocazionali e 8 nei corsi vocazionali. Grazie all’aiuto di Dio e alla Sua Provvidenza che arriva anche tramite il gruppo missionario di Sant’Agostino di Reggio Emilia, “abbiamo avuto innumerevoli buoni risultati: Charles ha terminato il corso per infermiere ed è già al lavoro in un ospedale di Meru. È lui che custodisce il fratello più piccolo. Doris ha terminato il corso da hostess, lei ha al Villaggio un fratello e sorella che attendono il suo aiuto. Orundo insegna all’Università, Eugene e Josephine frequentano l’Università e anche per loro il futuro sarà migliore, Dominic è stato al Villaggio 17 anni e ora, felice e indipendente, lavora come elettricista specializzato…”, racconta il servizio scritto da suor Gianna Irene Peano.

Raffaele Iaria

 

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