Vangelo Migrante: XXVII domenica del Tempo Ordinario (Vangelo 21,33-43)

1 Ottobre 2020 – Ancora una vigna. Gesù doveva conoscerle molto bene e deve averci anche lavorato. Le osservava con occhi d’amore e nascevano parabole.

Oggi racconta di una vigna con una vendemmia di sangue e tradimento. La parabola è trasparente. Un uomo pianta una vigna, la affida a dei contadini e se ne va. A suo tempo, a più riprese, manda i servi a ritirare il raccolto e i contadini li maltrattano, li bastonano e li uccidono. Da ultimo manda suo figlio. Ma anche questi viene ucciso.

La vigna è Israele, siamo noi, sono io: tutti insieme speranza e delusione di Dio, fino alle ultime parole dei vignaioli, insensate e brutali: “Costui è l’erede, venite, uccidiamolo e avremo noi l’eredità!”.

Il movente è avere, possedere, prendere, accumulare. Questa ubriacatura per il potere e il denaro è l’origine delle vendemmie di sangue della terra, “radice di tutti i mali”, dice la Scrittura (1Tm 6,10).

Eppure è confortante vedere che Dio non si arrende, non è mai a corto di meraviglie e ricomincia dopo ogni tradimento ad assediare di nuovo il cuore, con altri profeti, con nuovi servitori, con il figlio e, infine, anche con le pietre scartate.

Conclude la parabola: “Che cosa farà il Padrone della vigna dopo l’uccisione del Figlio?”. La soluzione proposta dai giudei è logica, una vendetta esemplare e poi nuovi contadini, che paghino il dovuto al padrone. Gesù non è d’accordo. Dio non spreca la sua eternità in vendette. La storia perenne dell’amore e del tradimento tra uomo e Dio non si conclude con un fallimento ma con una vigna nuova: “il Regno di Dio sarà dato a un popolo che ne produca i frutti”. È questa la novità propria del Vangelo.

C’è grande conforto in queste parole. I miei dubbi, i miei peccati, il mio campo sterile non bastano a interrompere la storia di Dio. Il suo progetto, che è un vino di festa per il mondo, è più forte dei miei tradimenti e avanza nonostante tutte le forze e i venti contrari. La vigna fiorirà.

Ciò che Dio si aspetta non è il tributo finalmente pagato o la pena scontata, ma una vigna che non maturi più grappoli rossi di sangue e amari di tristezza bensì grappoli caldi e dolci; una storia che non sia guerra di possessi, chiusure e battaglie di potere, ma produca una vendemmia di bontà, un frutto di giustizia, grappoli di onestà e, forse, perfino gocce di Dio tra noi.

  1. Gaetano Saracino

 

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