Migrantes Piemonte-Valle d’Aosta: costruire una Chiesa e una società che siano capaci di leggere i segni dei tempi

9 Settembre 2020 – Torino – Le Migrantes del Piemonte e Valle D’Aosta sono “impegnate a costruire una Chiesa e una società che siano capaci di leggere i segni dei tempi e di posizionarsi sulla soglia, attenti ai cambiamenti e pronti ad aprire la loro porta”. Lo scrive in una nota il Coordinamento regionale degli uffici Migrantes delle diocesi delle due regioni che si si appresta a vivere, nelle sue diciassette diocesi, la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato con un intenso programma di iniziative che culminerà con la celebrazione a livello nazionale della Giornata il 27 settembre nel Duomo di Torino, con la S. Messa che sarà trasmessa in diretta su RAI 1, alle ore 11 presieduta dal presidente della Conferenza Episcopale regionale. Mons. Cesare Nosiglia. La scelta di celebrare a livello nazionale la 106° Giornata dedicata al Migrante e Rifugiato proprio nelle diocesi piemontesi e della Valle d’Aosta è motivo di “gioia e riconoscenza al Signore”, si legge nel testo – presentato questa mattina – dove si ricorda che il Piemonte è riconosciuto come “terra dei Santi sociali”, figure che in periodi diversi hanno avuto “la grande capacità di leggere i segni dei tempi e di essere solleciti nel rispondere alle emergenze e ai bisogni del territorio. La loro storia e il loro carisma è presente tutt’oggi e ci sollecitano a esprimere alcune preoccupazioni, raccomandazioni e richieste che riguardano i nostri fratelli e sorelle arrivati da lontano”.

Il Piemonte, pur non essendo una regione interessata dagli sbarchi, rappresenta però un

territorio di passaggio perché al confine con la Francia (attraverso la Valle di Susa e non solo) e un luogo di grande concentrazione stagionale di manodopera straniera per la

raccolta della frutta (saluzzese). Torino e le grandi città, poi, evidenziano “la scarsa capacità delle politiche di includere tutti coloro, giovani nativi o immigrati, che in questi anni hanno sostenuto la crescita economica, ma che hanno al contempo maggiormente patito le difficoltà indotte dalla crisi e, negli ultimi mesi, dalla pandemia. Per i migranti, in particolare, la pandemia – scrivono gli uffici diocesani Migrantes –  ha rappresentato il passaggio dalla sovraesposizione mediatica e politica alla scomparsa dalla cronaca, per poi ritornare, con la ripresa degli sbarchi in Italia, a occupare la scena dipinti come ‘untori’ o ‘balordi’”. Il coordinamento Migrantes ritiene che “tra speranze e difficoltà il nostro futuro non possa prescindere dal pensare a un modello di società più giusto e inclusivo per tutti”.

La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato l’occasione per evidenziare ancora una volta quanto “sia necessario continuare a fare perché i migranti, forzati e non, siano riconosciuti come portatori di doni e talenti oltre che di diritti e dignità. Noi credenti – scrivono – non possiamo che partire dalle parole di Gesù nel Vangelo di Matteo (25,35) ‘…Ero forestiero mi avete ospitato’”. Per questo roicordano “il grido dei 50 milioni di sfollati interni sparsi nel mondo” ricordati da papa Francesco nel messaggio per la Giornata:  “non possiamo dimenticare che anche in Italia ci sono degli sfollati che ancora attendono che le promesse di cura diventino fatti concreti; pensiamo, ad esempio, alle persone sfollate e ancora in abitazioni precarie nelle zone terremotate”. Le diocesi piemontesi e valdostane richiamano l’attenzione sugli “invisibili e i precari, perché escano da condizioni che li espongono a ricatti, sfruttamento ed emarginazione sociale” ed auspicano “una nuova politica sociale e del lavoro, che abbia una rinnovata visione

sulla libera circolazione delle persone nei nostri territori e sulla presenza di stranieri” e che “finalmente si superi il binomio permesso di soggiorno-lavoro. L’Italia nel 2020 ha nuovamente risposto con lo strumento della sanatoria alla necessità di

regolarizzazione di migranti irregolari sul territorio, spinta dal bisogno occupazionale di

alcuni settori produttivi. Il messaggio che passa ai cittadini segue ancora la stessa

narrazione di sempre: riconosciamo i migranti solo quando ne abbiamo estrema

necessità, sicuramente non spinti da un sentimento di giustizia sociale”. Le Migrantes diocesane chiedono “il superamento dei Decreti sicurezza ancora in vigore” ed evidenziano l’urgenza del “riconoscimento della cittadinanza almeno a chi è nato o è

arrivato da giovane in Italia, vi risiede stabilmente e ha completato un ciclo di studi nel

nostro Paese”.

Raffaele Iaria

 

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