Discernere e scegliere

27 Luglio 2020 – Città del Vaticano – Distinguere il bene dal male, saper scegliere. La parola chiave che unisce il Vangelo di Matteo, con le tre parabole sul Regno dei cieli, e la prima lettura tratta dal Libro dei Re è: discernimento. Nella nostra vita siamo sempre chiamati a fare delle scelte, più o meno grandi. Salomone, giovanissimo all’inizio del suo regno, deve raccogliere l’eredità del padre Davide e governare sul suo popolo: una grande responsabilità. Così Salomone non solo offre a Dio un sacrificio, mille olocausti come si legge nel libro dei Re, ma gli chiede di aiutarlo in questo gravoso compito. Non chiede una lunga vita, né ricchezze, né la forza per eliminare i nemici, ma, come leggiamo sempre nel libro dei Re, dice al Signore: “concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male”. Ovvero la capacità di discernere, la sapienza nel saper governare. Ecco che allora il “cuore docile”, ricordava Benedetto XVI, significa “una coscienza che sa ascoltare, che è sensibile alla voce della verità, e per questo è capace di discernere il bene dal male”.
Matteo, nel suo Vangelo (Letto ieri nella liturgia domenicale, ndr), ci propone tre parabole; Francesco ne commenta solo due, che ci richiamano anch’esse alla capacità di saper discernere: il regno dei cieli simile a un tesoro nascosto nel campo, a una perla preziosa, a una rete gettata in mare. Chi trova il tesoro nel campo e il mercante che vede la perla, per assicurarsi l’acquisto, vendono i loro averi, “abbandonando le loro sicurezze materiali”. La costruzione del Regno “esige non solo la grazia di Dio, ma anche la disponibilità attiva dell’uomo”. Spiega Francesco: “la grazia fa tutto ma ci vuole la ‘mia’ responsabilità, la ‘mia’ disponibilità”.
Certo la prospettiva con cui leggiamo il Vangelo è quella del “già e non ancora”, cioè viviamo già della salvezza, che tuttavia aspetta ancora di essere compiuta. Come non leggere in questa capacità di cambiare il mondo, nella presenza di Gesù nella nostra vita, una chiamata a trasformare la nostra esistenza e renderla aperta all’altro, capace di accogliere ogni altra presenza, anche quella dello straniero e dell’immigrato.
Con le due parabole, il tesoro nascosto e la perla preziosa, Gesù ci coinvolge “nella costruzione del Regno dei cieli, presentandone una caratteristica essenziale: aderiscono pienamente al Regno coloro che sono disposti a giocarsi tutto”, dice il Papa nell’incontro dell’Angelus con le persone presenti in piazza san Pietro, alle quali ricorda la memoria liturgica di Gioacchino ed Anna, i nonni di Gesù. Così ai giovani chiede “gesti creativi” di amore verso gli anziani, visitandoli, vincendo la loro solitudine. Loro sono le radici.
L’uomo e il mercante “vendono tutto quello che hanno, abbandonando così le loro sicurezze materiali”. Anche noi, dice il vescovo di Roma, “siamo chiamati ad assumere l’atteggiamento di questi due personaggi evangelici, diventando anche noi cercatori sanamente inquieti del Regno dei cieli. Si tratta di abbandonare il fardello pesante delle nostre sicurezze mondane che ci impediscono la ricerca e la costruzione del Regno: la bramosia di possedere, la sete di guadagno e di potere, il pensare solo a noi stessi”.
Risulta spenta la vita di chi non è andato alla ricerca di un vero tesoro, ma si sono accontentati di “cose attraenti ma effimere, bagliori luccicanti ma illusori perché lasciano poi al buio”. Il Regno dei cieli, dice Francesco, è il “contrario delle cose superflue che offre il mondo, è il contrario di una vita banale. La luce del Regno non è un fuoco di artificio, è luce: il fuoco di artificio dura soltanto un istante, la luce del Regno ci accompagna per tutta la vita”. È un tesoro “che rinnova la vita tutti giorni e la dilata verso orizzonti più vasti”.
Torna qui il concetto del saper distinguere, discernere, il bene dal male; essere “creativo e cercatore, che non ripete ma inventa, tracciando e percorrendo strade nuove, che ci portano ad amare Dio, ad amare gli altri, ad amare veramente noi stessi”. È Gesù, spiega il Papa, “il tesoro nascosto e la perla di grande valore”, e questo non può che suscitare gioia: “la gioia di scoprire un senso per la propria vita, la gioia di sentirla impegnata nell’avventura della santità”.

Fabio Zavattaro

Temi: