“Molto oltre la paura”: la lettera di mons. Nosiglia che si sofferma anche su immigrati e nomadi in lockdown

23 Giugno 2020 – Torino – “Molto oltre la paura” è il titolo della lettera che mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e amministratore apostolico di Susa, ha indirizzato ai fedeli in occasione della festa patronale di San Giovanni Battista che si celebra domanoi . “La lettera tiene conto anzitutto della condizione di paura che ha alimentato e alimenta tutt’ora il cuore di tante persone”, spiega il presule che sottolinea il forte tessuto della solidarietà che “va annoverato tra le scoperte positive nella stagione del contagio. La forza e l’ampiezza del volontariato solidale è esploso in forme impensabili e inattese in ogni ambito del nostro vissuto”.  In una nota diffusa dalla diocesi si evidenzia come in questo tempo sono aumentati i servizi di distribuzione del cibo con aumento delle richieste anche da parte di persone che usualmente non facevano riferimento a noi. Gli incrementi vanno dal 40 al 110%, a macchia di leopardo su tutto il territorio cittadino. Grazie alle donazioni di generi alimentari e all’intensa collaborazione con il Banco Alimentare e altre associazioni similari, ogni settimana Caritas Diocesana e Ufficio Migrantes hanno potuto distribuire oltre 300 borse viveri a richiedenti asilo non inseriti nel circuito ordinario delle parrocchie (specie quelli ospitati nelle strutture della Chiesa Cattolica) e aumentare di almeno un terzo la disponibilità di cibo alle parrocchie maggiormente richieste di aiuti. “Forte l’impegno per rifornire di cibo anche i giostrai rimasti fermi nel periodo del carnevale”, si sottolinea.

La popolazione straniera ha “sofferto molto”: sono stati interrotti tirocini lavorativi e borse lavoro, quindi percorsi avviati di inserimento lavorativo. Assistenti familiari e colf si sono ritrovate spesso a casa senza ammortizzatori sociali e chi lavorava in nero è rimasto senza alcun tipo di entrata economica. Con la chiusura delle scuole i bambini sono stati costretti a vivere in casa, anche quando le condizioni abitative non erano adeguate. L’istruzione a distanza poi ha creato diverse disparità tra gli studenti italiani e gli studenti stranieri e non sempre le istituzioni scolastiche sono state capaci di raggiungere i loro alunni”, si legge ancira nella nota di mons. Nosiglia che si sofferma anche sulle condizioni “già critiche” dei campi Rom che nel periodo di lock down “si sono aggravate, come del resto quelle dei giostrai spesso dovutisi fermare in località lontane dalla loro sede perché in viaggio.

A rendere la situazione particolarmente difficile è proprio stata l’impossibilità di uscire e di chiedere aiuto. Le persone e le famiglie si sono ritrovate sole”.

Lo straniero – si legge nella nota – ha “la capacità di adattarsi alle situazioni nuove, chiedendo, bussando alle porte, facendo rete all’interno delle sue comunità di riferimento. La chiusura totale ha tolto per un periodo piuttosto prolungato questa possibilità facendo mancare i loro punti di riferimento”. Anche alcuni uffici di carità hanno dovuto chiudere al pubblico, ma una rete fitta di persone, associazioni, enti si sono attivati in modi differenti. “Abbiamo colto tanta umanità e generosità tra medici, infermieri, volontari, credenti impegnati, presbiteri, religiose/i, genitori fantasiosi che hanno cercato ogni giorno di rendere meno pesante la vita dei loro bambini. E ancora, abbiamo visto nascere forme di solidarietà nuove tra vicini, attivare aiuti economici per rispondere alle carenze delle strutture sanitarie, comparire cassette con messaggi che recitavano ‘chi non può prenda, chi può metta’, distribuire sostegni alimentari e raccolte di farmaci”. Il lavoro più difficile in questi giorni è stato “rintracciare il bisogno, andare a intercettare le persone e la richiesta d’aiuto soprattutto da parte di chi non è abituato a farlo. Dobbiamo ringraziare chi ha continuato a esserci, magari in modi diversi, e chi proprio in questa occasione ha saputo reagire e ha imparato ad ascoltare il grido silente di aiuto che in una città deserta poteva essere ascoltato da un orecchio attento”. Ne capoluogo continua il lavoro di accompagnamento delle persone uscite dalle palazzine dell’Ex-Moi e le attività per il superamento dei campi Rom, pur nelle difficoltà dettate dalla pandemia. E in vista della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebra il 27 settembre, per tutto il mese l’Ufficio Migrantes di Torino promoverà una serie di iniziative, spettacoli e incontri  che coinvolgeranno le parrocchie, tutte le realtà di volontariato, i migranti e rifugiati e l’intera città.

 

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