Aprirsi all’altro: una lezione continua…  

22 Maggio 2020 – Ancona – “A cosa serve il Vangelo, se perde il suo sapore?”. Ho imparato dalla vita, grande maestra in questo, che oltre l’emergenza c’è la quotidianità. Ed è lì che ci giochiamo la nostra credibilità. Se il COVID19 non ci ha fatto entrare nella stessa barca, se non abbiamo capito che solo insieme ci salveremo o periremo, allora forse non abbiamo ancora toccato il fondo…

Nel tempo della lockdown ho potuto continuare ad insegnare italiano col metodo Penny Wirton a Katarina, giovane russa, laureata in lingue, emigrata da gennaio in provincia di Ancona. Le nostre lezioni quotidiane online ci hanno permesso di entrare nelle rispettive e differenti culture, di far crescere la nostra relazione. Quando potrà riaprire la scuola, anche lei verrà ad insegnare ai migranti. Promessa ammirevole di reciprocità.

Da Domenica delle Palme, invece, ho potuto animare l’intima eucarestia domenicale: il parroco e altre tre persone, in tutto. Così, ho ritrovato Ubaldo, una persona senza fissa dimora, che conosco da almeno vent’ anni. Sempre su e giù per le strutture di accoglienza con lo zaino in spalla. L’ho trovato fisicamente migliorato, ma quando gli ho chiesto se stava pensando di fermarsi, di vivere in una casa, avere degli amici: “Io sono un uccello libero, – mi ha risposto deciso – quando tutto tornerà come prima, riprenderò il mio viaggio.”

Riflettevo, così, tra me e me. Non ci è permesso sapere quale è il bene degli altri. Possiamo solo camminare insieme, per alcuni tratti di strada, senza voler capire o cambiare ad ogni costo le situazioni. Come sempre, il mistero ci accompagna…

Una cosa, però, mi sembra certa: “Quello che è buono per me, lo è anche per ogni uomo della terra.” Su questo bisogna continuare a lavorare anche a livello culturale, per trasformare le mentalità. Mi colpiva recentemente l’affermazione dello psichiatra Andreoli : “Abbiamo delirato sull’Io. Dobbiamo ora delirare sul noi”.  Questo processo culturale si rivela urgente anche dentro la Chiesa.

Penso a due famiglie di migranti che ho seguito per vari anni, partite di recente in Germania: una della Georgia, Asoev, l’altra del Camerun, Leumere Leumegni. Fin dall’inizio della pandemia ci chiamavano continuamente per informarsi della nostra salute e invitarci a restare in casa. Poi anche loro hanno dovuto fare i conti con questo, e ringrazio il cielo che oggi vivono in Germania. In queste relazioni, in questi collegamenti whatsapp si dimostra uno strumento formidabile. In tempo reale si hanno informazioni fresche da ogni parte del mondo e spesso i racconti degli amici sono diversi da quelli delle TV ufficiali. Questa interconnessione ci dimostra ogni giorno la bellezza e la ricchezza dei legami che abbiamo costruito. Sì, nel mondo dell’emigrazione. Di questo ho spesso ringraziato il Signore, in questo tempo di coronavirus.

 

Annapia Saccomandi

Migrantes Ancona

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