Quando c’è la crisi

17 Maggio 2020 – Annecy – Ogni età dell’essere umano conosce le sue crisi. E i mutamenti di civiltà, di società non si svolgono senza crisi. Le crisi fomentano rivolte, fatalismo, ma possono anche aprire cammini nuovi di rinnovamento a patto di superarle, di non lasciarci scoraggiare, di non rinunciare.

In questi ultimi mesi, il mondo sta attraversando un momento difficile. Anche la Chiesa e la comunità dei credenti, vive questa crisi, che diventa una crisi di mutamento. La Chiesa cammina con il mondo, e le gioie e le speranze, le lotte e le sofferenze degli uomini sono le gioie e le speranze, le lotte e le sofferenze della Chiesa.

Gesù non ha mai detto ai suoi discepoli di uscire dal mondo, non ha mai promesso luoghi fuori dal mondo dove si trova una perenne tranquillità, indifferente alla storia umana. Pregando il Padre diceva: “Non ti prego di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal male”.

C’è il pericolo nei momenti di crisi che la Chiesa e le comunità cristiane che la compongono si ripieghino su se stesse, incapaci di leggere con profondità i mutamenti dell’umanità.

C’è sempre questa tentazione di distoglierci dalla realtà, di non vedere le cose come sono. La fede ci dà il coraggio di guardare in faccia la realtà. Questo coraggio è il contrario della pigrizia. È capacità di fare le necessarie analisi della situazione.

Sovente siamo condizionati dall’opinione pubblica. Gli slogan si sostituiscono alla riflessione seria e serena, e diventano un mezzo per sfuggire la verità degli avvenimenti.

Sovente l’emozione sostituisce la riflessione e l’intelligenza.

La storia è piena di capovolgimenti delle folle, che bruciano oggi ciò che ieri adoravano. E non mancano i volta-gabbana.

Le tentazioni non mancano.

Tentazioni di rivolgersi al passato, come rimpiangere un paradiso perduto.

Se leggiamo gli autori antichi scopriamo che c’è sempre stato questo rimpianto del passato. I tempi del passato sono belli solo perché sono passati, perché a loro volta non erano belli.

L’altra tentazione è di proiettarci in un futuro di sogni, che dipende da uomini provvidenziali che ci daranno pace, sicurezza, salute, felicità, senza coinvolgere le nostre iniziative e la nostra responsabilità.

La fede ci farà superare queste tentazioni.

Il credente in Gesù Cristo non vive nei sogni, vive nella realtà della sua epoca.

Il nostro tempo, con le sue gioie e le sue situazioni drammatiche, è sempre il tempo di Dio, cioè il tempo dell’energia, della lotta, della speranza attiva, coraggiosa, perché radicata nella fede.

Sento molto in me quello che ci dice l’apostolo Pietro nella seconda lettura di oggi: “…pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.

Se il cristiano non è testimone di speranza, che cosa è?

Questa speranza che viene dalla fede in Gesù ci fa combattere per l’uomo, per la sua dignità, per i suoi diritti.

La crisi che attraversiamo deve renderci più credenti, più convinti della nostra fede. L’apostolo Pietro ce ne dà la testimonianza. (don Pasquale Avena – Mci Annecy)

 

 

 

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