Amrita: la mediatrice culturale di Careggi che pensa all’India e ama l’Italia

24 Aprile 2020 – Firenze – La storia di Amrita è una storia fatta di sogni e speranze che hanno preso forma nel tempo, cambiando anche il suo progetto di vita originario. Amrita Chaudhuri, originaria di Calcutta, è una mediatrice culturale dell’ospedale di Careggi. Ogni giorno incontra pazienti indiani, pachistani e bengalesi, li aiuta a comunicare con i medici e il personale sanitario traducendo in italiano ciò che da soli non riescono a esprimere e, viceversa, traducendo in indi, urdu e bengalese ciò che delle parole italiane dei medici da loro non viene compreso.

Questo è solo uno dei tanti servizi che Amrita porta avanti come mediatrice culturale. Prima dell’emergenza sanitaria lavorava anche nelle scuole, in tribunale e allo Sportello immigrazione del Comune di Firenze. Ma il suo è un lavoro che fa parte di un progetto e di un sogno più ampio: “ho sentito di dover costruire un ponte tra l’India e l’Italia” ci dice Amrita raccontando di quando, già laureata in botanica a Calcutta, rifiutò la possibilità di un dottorato in India. Dopo aver vinto una borsa di studio, nel 2010 viene in Italia per studiare a Perugia la lingua e la cultura italiana e lì si innamora dell’Italia: “Ho visto la bellezza e la ricchezza della cultura italiana e ho potuto comunicare con persone provenienti da diverse parti del mondo. – racconta Amrita – Ho sentito che il mio compito era quello di costruire un ponte culturale facendo conoscere poeti, musicisti e drammaturghi italiani in India e indiani in Italia”.

Tornata a Calcutta vince altre due borse di studio di tre e sei mesi e inizia a tradurre in bengalese gli autori della letteratura italiana. Nel 2017 l’ultima borsa di studio la porta per la prima volta a Firenze dove, ospite e studentessa del Centro internazionale studenti La Pira, approfondisce la letteratura italiana e ha l’ “opportunità speciale di approfondire la cultura cristiana, che ha permesso anche a me, ragazza induista, di capire meglio la Divina Commedia” racconta Amrita. Trascorso l’anno di studi torna a Calcutta, ma “ho sentito forte il richiamo della cultura italiana – ci dice – e ho provato a tornare in Italia cercando lavoro”. Inizia così l’avventura della mediazione culturale, che va di pari passo con la traduzione di opere letterarie italiane in bengalese e, viceversa, di opere bengalesi in italiano. “In India ci sono moltissime lingue diverse – spiega Amrita – spero che attraverso le mie traduzioni altri possano entrare in contatto con la cultura italiana e diffonderla mettendo in contatto i due paesi”.

L’amore per l’Italia l’ha portata anche a non tirarsi indietro in questo momento di difficoltà. Il lavoro di mediazione culturale in ospedale va avanti e di per sé non cambia, ma si cerca di venire incontro a qualche nuova necessità e di impegnarsi per mantenere le norme di prevenzione del contagio: “purtroppo si percepisce l’ansia e lo stress che questa strana situazione ha prodotto sia tra i pazienti che tra i medici e gli infermieri. – racconta Amrita – Indossiamo le mascherine e i guanti, ci misuriamo la temperatura tutte le volte che entriamo in ospedale e cerchiamo di mantenere la distanza di un metro e mezzo dalle altre persone. Per ora non sono stata chiamata nei reparti Covid, ma adesso per i pazienti è importante che qualcuno spieghi loro nella loro lingua la nuova situazione del coronavirus e le norme di prevenzione del contagio; mi è capitato di fare anche traduzioni delle nuove disposizioni del Comune e del Governo”. Continua, così, con i suoi colleghi a portare il suo aiuto da un reparto all’altro e non manca di tenere vivo un messaggio di speranza per il mondo e l’Italia: “ora vedo soffrire l’Italia, il paese che ho amato, ma come la notte finisce e viene il giorno, così finirà anche questo dolore e verrà il giorno e la luce anche per l’Italia e per il mondo. – dice Amrita – Sento che quando tutto questo sarà finito qualcosa cambierà. Se impariamo a lavorare tutti insieme, saremo capaci di ricostruire un mondo più bello e più sereno”. (Irene Funghi – ToscanaOggi)

 

 

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