18 Aprile 2020 – 16 Aprile 2020 – Siamo alla domenica detta in Albis e della Divina Misericordia. Il suo nome originale deriva dal rito festoso della deposizione delle vesti bianche (le albe, appunto) di coloro che sono stati battezzati la notte di Pasqua: tolta quella, indossano l’abito della quotidiana testimonianza da rendere a Cristo, il risorto. Il Santo Giovanni Paolo II, aggiunse il titolo della Divina Misericordia, per celebrare solennemente il dono dell’amore di Dio ricevuto, da custodire e per cui gioire. Una festa nella festa: la vita di Dio ricevuta in dono nel battesimo è l’amore incondizionato di Dio donato a noi nella Resurrezione di Gesù, il centro, il perno, l’origine della nostra fede.
Quest’anno non abbiamo celebrato i battesimi ma il senso e il significato della festa rimane.
Un dono vivo nella Chiesa
Il Vangelo di questa domenica ci dice dove vive questo dono: nella Chiesa. La comunità crede-celebra-vive del risorto mentre è radunata attorno agli Apostoli. In questo tempo ci mancano i Cenacoli ma non siamo decentrati dalla Chiesa. Anche questa condizione dislocata nelle nostre case, chiese domestiche, noi la stiamo vivendo come Chiesa.
Le nostre attenzioni, in genere, vanno tutte sulla storia di Tommaso e sulla sua incredulità; il Vangelo, invece, indugia proprio su questo aspetto: quando racconta cosa accade la sera dello stesso giorno e otto giorni dopo, sottolinea che l’incontro con Gesù avviene nella Chiesa e il succitato apostolo la prima volta è assente, la seconda è presente. È là che il Signore dà il suo appuntamento a tutti.
Sia chiaro: Dio può decidere di incontrare ogni uomo dove e quando vuole; ma è pur vero che ogni incontro si conclude sempre in un Cenacolo (con gli apostoli dopo la Resurrezione, ma anche con san Paolo dopo la caduta da cavallo: nel cenacolo di Damasco, presso Anania). Prima ancora della sua titubanza, Tommaso è vittima di una mancanza oggettiva: l’assenza dal Cenacolo.
Una sola Mensa
In queste ore lo diciamo con una grande nostalgia nel cuore, il senso dell’Eucarestia, dell’invito di ogni uomo attorno alla Mensa del Signore, è proprio in questo incontro con Lui. Tutt’altro che scontato, anche nella pastorale della mobilità umana: Dio è uno per tutti, ma non sempre è una la mensa dove lo si incontra! A volte, nelle nostre comunità, le dovute attenzioni pastorali alle diversità, rischiano di creare veri e propri parallelismi; tuttavia, è altrettanto vero che, assieme al rischio, c’è anche la grande opportunità di essere autenticamente comunità di Gesù, accogliente e inclusiva. Per tutti.
Ricevete lo Spirito Santo
Dinanzi a questi limiti Gesù sa che per il fatto che siamo umani, siamo portati a dividerci, a risentirci e a dimenticarci di Lui. È per questo che fra Lui e i discepoli (noi) piazza lo Spirito Santo: “alitò su di loro …”
La fede è un dono. Un dono di misericordia. Dio lo fa a tutti. Per averla, assieme al Suo soffio, occorre anche inchinarsi, come Giovanni, alla porta del Sepolcro, e accoglierla con la presenza nel Cenacolo.
Con la fede non si anestetizzano le diversità ma queste assumono un senso. Non girano a vuoto ma sono intercettate da Dio che si fa trovare (e va a trovare) da chiunque lo cerca con cuore sincero!
- Gaetano Saracino