Rapporto Diritto Asilo: la protezione internazionale in Europa nel 2017-2018

28 Novembre 2019 – Modena – Migrazioni forzate e “miste” e protezione internazionale: è evidente che vi è uno scarto preoccupante tra la sovra-rappresentazione del fenomeno in Italia e in Europa e la sua dimensione reale, come pure permane un grosso gap tra le dichiarazioni di ossequio dei diritti umani e delle convenzioni internazionali e i risultati pratici a cui invece stanno portando le politiche messe in atto. E’ quanto afferma il Report sul Diritto d’Asilo presentato oggi a Modena.

Se infatti si osservano il numero di conflitti nel mondo, gli interessi economici come la vendita delle armi e le politiche messe in atto, non sembra che la preoccupazione principale sia la tutela delle persone in difficoltà o il raggiungimento di una maggiore equità nella distribuzione delle risorse e delle ricchezze del pianeta.

I rappresentanti istituzioni europee e nazionali hanno dichiarato più volte, in questi ultimi anni, di avere tra gli obiettivi principali il contrasto allo sfruttamento delle persone in fuga da parte dei trafficanti di uomini e quello di ridurre il numero delle persone che muoiono in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa. Ma se andiamo a vedere quali “alternative” si danno alle persone che fuggono da situazioni di conflitto, guerre e povertà per arrivare in maniera legale in Europa o in Italia, non si può che concludere che, al momento, continua ad essere quasi impossibile, per chi cerca protezione, ottenere un visto per arrivare in sicurezza. E i numeri di chi riesce ad arrivare in Europa o nel nostro Paese attraverso iniziative di reinsediamento o di apertura di canali umanitari sono ancora troppo bassi per farci dire che questo è un fine che stiamo perseguendo.

È un fatto: negli ultimi tre anni sono entrate meno persone in cerca di protezione, in seguito all’“accordo UE-Turchia del 2016 e del memorandum siglato nel 2017 dall’Italia con il Governo di Tripoli, nonostante la situazione di guerra civile e le informazioni più che fondate sul non rispetto dei diritti umani in Libia.

Ma intanto i morti e dispersi in mare sono aumentati in proporzione a chi è riuscito a partire. E le condizioni di chi rimane bloccato in Turchia, lungo la rotta balcanica, in Grecia o fuori dai nostri porti e, soprattutto, di chi viene intercettato e riportato in Libia sono più che preoccupanti e allarmanti.

Più che «proteggere» le persone in fuga, semplicemente non le si fa entrare; e così gli sforzi e le risorse (pubbliche) sembrano convergere in un’unica direzione: rendere ancora più lungo, difficile e pericoloso il percorso di coloro che vorrebbero chiedere protezione in Italia e nell’Europa “dei diritti”.

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