10 Ottobre 2019 –
Perugia – «Ricorderemo il mondo attraverso il cinema». Il grande regista italiano Bernardo Bertolucci aveva un’idea ben precisa dell’importanza dell’arte cinematografica e probabilmente i grandi eventi, momenti storici ed epoche sono tutte scandite da pellicole che hanno fatto più o meno la storia. Il cinema è universale, in ogni luogo può arrivare al cuore delle persone, di ogni sesso, colore e vita sociale. Perugia, nel cuore verde d’Italia, in questi giorni si è trasformata, per il suo quinto anno consecutivo, nella capitale del documentario.
Dal 5 al 13 ottobre “PerSo Perugia Social Film Festival 2019” propone nove giorni di cinema del reale, concorsi e workshop con oltre quaranta film da tutto il mondo per mostrare i migliori documentari nazionali e internazionali.
“Differente. Non indifferente”, questo il claim che riassume lo spirito del PerSo, festival che si è ritagliato, nel giro di pochi anni, un posto importante nel panorama dei concorsi internazionali e che cerca ogni anno di dimostrarsi sempre più vicino anche a realtà non sempre integrate. Uniche infatti sono le giurie composte dai detenuti della Casa circondariale di Perugia-Capanne, così come la giuria dei richiedenti asilo (trasformata quest’anno nella categoria migranti), oltre a quella degli studenti di cinema dell’Università degli studi di Perugia e quella del pubblico. La volontà è quella di affiancare due diversi modi di osservare e valutare la realtà, realizzando un avvicinamento tra mondi marginalizzati e la cosiddetta “società culturale” in cui viviamo.
«Da subito abbiamo pensato di dare un valore non solo simbolico, ma anche materiale al lavoro di queste due giurie dando la possibilità di assegnare premi in denaro. Tra gli aneddoti mi ricordo uno dei detenuti che una volta mi disse commosso questa frase – racconta Maurizio Giacobbe, coordinatore delle giurie speciali –: grazie perché noi siamo stati giudicati e oggi ci troviamo a giudicare. In questo pensiero, quasi ossimoro, c’è tutto quello che siamo riusciti a creare in questi cinque anni con i detenuti del carcere di Capanne di Perugia. Un esperimento all’inizio, una conferma poi e una piacevole certezza lungo gli anni del festival. Da cinque giurati del primo anno siamo arrivati a dodici nell’edizione attuale del 2019, abbiamo coinvolto sia la parte maschile che femminile tutti preparati da un percorso laboratoriale realizzato prima della visione dei documentari. Sempre all’interno della realtà carceraria – continua Giacobbe – mondo totalmente squarciato dalle regole classiche di libertà, un giurato ci disse questa frase: per noi quando voi entrate è come se le nostre batterie scariche si ricaricassero, respiriamo un’aria di libertà quando ci troviamo a metterci in gioco con il festival. Il concetto di libertà è sì materiale, ma il più delle volte è anche mentale perché paradossalmente in certi momenti queste persone sono più libere di tante che sono fuori legate a degli stereotipi rigidi e questo gli permette di giudicare una pellicola anche con più obiettività». Il percorso in questi cinque anni del PerSo ha visto avvicendarsi oltre ai detenuti del carcere anche i richiedenti asilo, divenuti quest’anno migranti con l’obiettivo di giudicare cortometraggi, documentari, fiction e animazione di giovani registi under 35. «Il fatto che un festival di cinema sociale – afferma il coordinatore generale del PerSo Luca Ferretti – si occupasse di accogliere e integrare all’interno della macchina organizzatrice delle realtà sociali marginali come i migranti e detenuti era un qualcosa di utopistico all’inizio ma nello stesso tempo affascinante perché ci si trovava a rendere importanti dei soggetti che per la società erano definiti gli ultimi, questa è stata la scintilla che ci ha portato fin qua. Gli occhi e le reazioni dei vincitori, dei registi e degli addetti lavori sono un qualcosa di unico in quanto chi vince il premio giudicato da loro ha una riconoscenza veramente particolare». (Alessio Vissani – Avvenire)