L’Elemosiniere del Papa nei “ghetti” del foggiano

28 Settembre 2019 – Città del Vaticano – A pochi giorni dalla Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebra domenica, Papa Francesco ha inviato l’Elemosiniere pontificio, il card. Konrad Krajewski a visitare i cosiddetti “ghetti” dell’area della Capitanata nel foggiano. Ieri, l’Elemosiniere, accompagnato dal Vescovo di San Severo, mons. Giovanni Checchinato, e dall’arcivescovo di Foggia-Bovino, mons. Vincenzo Pelvi, si è recato in due di questi insediamenti, in forma di baraccopoli o masserie abbandonate, per incontrare migliaia di lavoratori agricoli, per la maggior parte migranti provenienti dall’Africa (principalmente dalla Nigeria, Ghana, Senegal e Gambia), che vivono in condizioni di grave precarietà a livello giuridico, abitativo e sanitario. Con questo gesto – spiega una nota della Santa Sede – il Pontefice “desidera essere vicino a tutte queste persone vittime dello sfruttamento, dell’emarginazione e dell’esclusione, portare ad essi una parola di speranza e farsi voce del loro grido di aiuto in una società che sviluppa ‘al proprio interno la tendenza a un accentuato individualismo che, unito alla mentalità utilitaristica e moltiplicato dalla rete mediatica, produce la globalizzazione dell’indifferenza’”.

Questa visita vuole far “risuonare” con forza le parole di Papa Francesco: “La risposta alla sfida posta dalle migrazioni contemporanee si può riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ma questi verbi non valgono solo per i migranti e i rifugiati. Essi esprimono la missione della Chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati. Se mettiamo in pratica questi verbi, contribuiamo a costruire la città di Dio e dell’uomo, promuoviamo lo sviluppo umano integrale di tutte le persone e aiutiamo anche la comunità mondiale ad avvicinarsi agli obiettivi di sviluppo sostenibile che si è data e che, altrimenti, saranno difficilmente raggiunti”.

Il primo ghetto visitato dall’Elemosiniere del Papa è il Borgo Mezzanone, frazione del comune di Manfredonia: si tratta di una piccola comunità rurale di circa 800 abitanti, appartenente alla Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. Da un ventennio, a poco meno di un chilometro dalla borgata, l’ex aeroporto militare dell’Amendola è adibito e usato per l’emergenza dei profughi, prima della vicina Albania e successivamente dei migranti dell’Africa e Asia che chiedono protezione nel nostro Paese. Oggi il Cara di Borgo Mezzanone conta una presenza di circa un centinaio di richiedenti asilo, su una capienza di 450 posti. A poca distanza, nel luogo chiamato «ex pista», 1.500 persone, di diversa nazionalità, sono accampati in container o baracche di fortuna. Negli ultimi mesi, sono stati compiuti diversi interventi di abbattimento di edifici e baracche , con l’obiettivo di smantellare nel minor tempo possibile l’intero ghetto, ricollocando i migranti in “luoghi” più dignitosi che favoriscano anche un percorso d’integrazione. La buona volontà delle Istituzioni, tuttavia, sembra “non seguire un lavoro coordinato per la soluzione della questione”.

Il secondo insediamento visitato è il cosiddetto Gran Ghetto, che sorge in Località Torretta Antonacci, nel territorio del Comune e della Diocesi di San Severo, a 25 Km da San Severo. Circa 20 anni fa, a Rignano Scalo, a metà strada fra San Severo e Foggia, venne sgomberato il primo Gran Ghetto, che la comunità dei lavoratori aveva creato in un ex zuccherificio. Dopo lo sgombero, la comunità dei lavoratori si insediò in un’area distante 15 minuti in automobile, immersa nelle campagne. Dopo quasi 20 anni dalla sua nascita, nel marzo del 2017, il Gran Ghetto venne sgomberato con il sequestro dell’intera area da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari. Quest’ultima propose a una piccola quota degli abitanti, un’alternativa abitativa composta da tende e container o presso strutture comunali nel centro abitato di San Severo, senza riuscire a trovare soluzioni reali e dignitose all’emergenza. Nell’incendio scoppiato nella notte tra l’1 e il 2 marzo 2017, poche ore prima dello sgombero del Gran Ghetto, persero la vita due giovani del Mali di circa 30 anni, Mamadou Konate e Nouhou Doumbouya. Immediatamente dopo lo sgombero, una parte della comunità si è riversata in altri insediamenti della Capitanata, primo fra tutti l’ex Pista di Borgo Mezzanone, e un’altra parte ha ricostituito, nello stesso punto dello sgombero, il Gran Ghetto, con un gran numero di roulotte e di baracche. Se ne contano oltre 400. Le persone abitano in questo insediamento per tutto l’anno: il numero delle presenze varia dalle 200 unità nei mesi invernali, quando il lavoro nei campi diminuisce, fino alle oltre 800-900 unità nei mesi in cui si svolge la raccolta del pomodoro-uva-olive.

Temi: