Dalla Famiglia Scalabriniana parte un appello per raccontare la migrazione

10 Settembre 2019 – Roma – Le direzioni generali dei tre Istituti della Famiglia Scalabriniana (composto dai padri, dalle suore e dalle laiche consacrate) si sono incontrate a Villabassa (Bolzano).  L’obiettivo è stato quello di concentrare l’attenzione sulle necessità più impellenti nel settore delle migrazioni.  “Stiamo vivendo un tempo in cui vecchi e nuovi conflitti sradicano migliaia di persone dalle loro case e dalla loro terra e li obbligano e cercare sicurezza altrove – dicono p.  Leonir Chiarello (superiore generale degli scalabriniani), sr. Neusa de Fatima Mariano (superiora generale delle scalabriniane) e Regina Widmann (responsabile generale delle secolari scalabriniane)  – Un tempo in cui l’esasperata ricerca del proprio benessere acuisce le sperequazioni tra persone e tra popoli e costringe molti alla ricerca di opportunità in un altro Paese, dove l’accesso a queste opportunità è spesso negato; un tempo in cui per avere speranza bisogna comprarla in modo illegale e si finisce col comprare la probabilità del fallimento o della morte; un tempo in cui dominano le retoriche contro i migranti, facile strumento per ottenere consenso dando in cambio soluzioni incerte e a breve termine. Non sono frasi astratte. Pensiamo ai molti confini dove si consumano ogni giorno tante tragedie”.

Tre, sono gli orientamenti lanciati dalla Famiglia Scalabriniana. Narrare i fatti e la testimonianza perché “c’è molta ripetitività nel parlare di emigrazione. Ripetitività nello stigmatizzare i migranti come minaccia al benessere nazionale, alla sicurezza dei cittadini, al patrimonio culturale di una società”, narrare i migranti, perché “tacciono soprattutto i migranti, perché nessuno vuole sentire la loro voce. È nostro dovere creare occasioni perché i migranti raccontino e perché qualcuno ascolti, perché noi possiamo ascoltare” e ‘narrare a Dio’, perché “è possibile che proprio davanti a Dio ci si senta più lontani gli uni dagli altri, che ci si divida proprio in nome di Dio, che proprio davanti a Dio i migranti non ci accompagnino, ma dobbiamo creare occasioni per narrare insieme le nostre storie, che si intrecciano per diventare storia di salvezza”.

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