In Sicilia le veglie per chi è in mare

9 Luglio 2019 – Palermo – Tutti in piedi e con lo sguardo rivolto al mare: con un gesto semplice, la preghiera che la comunità cristiana rivolge a Dio per i fratelli defunti. Così è stata fatta memoria non dei migranti, ma di uomini, donne e bambini che hanno un volto e un nome, una storia e dei sogni infranti. Pozzallo, nel Ragusano, è una terra di approdo sul Mediterraneo, ha vissuto gli anni caldissimi degli sbarchi a ripetizione, ha imparato ad accogliere e includere. Per questo venerdì sera l’anfiteatro ‘Pietre Nere’ era gremito, per la veglia penitenziale in ricordo dei tanti morti del Mediterraneo diventato ormai un cimitero, come ha ricordato il vicario generale della diocesi di Noto, don Angelo Giurdanella. È una delle numerose iniziative che la Chiesa siciliana sta mettendo in campo per tenere alta l’attenzione sul tema dell’accoglienza, anche in occasione delle partecipatissime feste patronali in ogni angolo dell’isola, da Palermo ad Agrigento. La preghiera di Pozzallo è stata organizzata dalla diocesi e dalla Caritas di Noto, da Migrantes, Comunità Missionaria e We Care, sostenuta dall’amministrazione comunale.

«Li lasciamo annegare per negare» il titolo della veglia con un carattere penitenziale, per tutte quelle volte che «abbiamo ucciso con le parole», parole di paura e di odio, di astio «verso chi neanche si conosce».

«Sono rimasto tre giorni senza bere, in Libia: quell’acqua non si poteva bere, era quella del bagno. Poi ho capito che non avevo altra scelta, e l’ho bevuta. Ora non m’importa se qualcuno mi ferma, mi insulta perché sono nero… io so che sono vivo; lì non pensavo che sarei riuscito a continuare a vivere. C’erano momenti in cui la morte sarebbe stata una liberazione, perché la sofferenza era troppo grande» ha raccontato un giovane. E poi la testimonianza di un altro ragazzo: «Abbiamo visto tanti nostri compagni morire in mare. Un bambino ha bevuto acqua ed è morto… E io non potevo fare nulla. Ma ora noi dobbiamo fare, dobbiamo fare quello che loro non hanno potuto fare, loro sono con noi…».

E domenica scorsa è stato il primo giorno di festeggiamenti in onore di San Calogero, compatrono di Agrigento, proprio nel segno dei migranti. «Siamo fieri del nostro santo nero, ma aumenta il numero di coloro che rifiutano e disprezzano quanti arrivano da altre terre – ha detto il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, durante l’omelia –. Senza conoscerli, li definiscono tutti delinquenti e terroristi; molti di loro sono cristiani come noi, allora, mi domando, non potrebbe sbarcare anche qualche santo? Un altro San Calogero, insomma!». Il porporato ha condiviso il suo «stupore» per il fatto che «oggi, solo perché non si condivide il pensiero di alcuni, si diventa oggetto di insulti pesanti. Povera democrazia! ». Nei giorni scorsi, in occasione della presentazione del Festino per Santa Rosalia, la patrona di Palermo, era stato l’arcivescovo monsignor Corrado Lorefice a usare parole forti: «Siamo inquieti e preoccupati per la paura che ai nostri giorni sembra prevalere nel nostro Paese e in Europa e che viene seminata a piene mani da sedicenti profeti di sventure e propugnatori di neonazionalismi».

Per giorni, poi, il parroco di Lampedusa, don Carmelo La Magra, aveva trascorso le notti sul sagrato della chiesa di San Gerlando, assieme ad alcuni parrocchiani e attivisti dell’isola, per lanciare un messaggio di coraggio e fiducia ai migranti a bordo della Sea Watch 3. (Alessandra Turrisi – Avvenire)

 

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