Impiego e integrazione: è la fattoria di Tiggiano

3 Luglio 2019 – Roma – Mobilitati per la carità e l’inclusione. Il secondo riconoscimento del concorso Cei «Tuttixtutti» (https://www.migrantesonline.it/2019/07/03/i-volti-della-chiesa-in-uscita/) arriva ad un progetto agroalimentare nato a Tiggiano (Lecce), paese bianco sospeso sull’azzurro del Capo di Leuca, dove il gruppo parrocchiale di Sant’Ippazio da tempo lavora (anche insieme alla Caritas di Ugento-Santa Maria di Leuca) a strumenti innovativi per incidere sull’emergenza disoccupazione, non solo giovanile, parallelamente all’accoglienza dei migranti che risalgono il Mediterraneo. «I nostri strumenti sono cooperazione e creatività» spiegano i promotori.

L’opera, firmata da don Lucio Ciardo, nativo di Alessano, già tra i ‘ragazzi’ seminaristi di don Tonino Bello nei primi anni Ottan- ta, e da esperti di comunicazione, proprietari di trattori, cestelli per la potatura e seminatrici, guide turistiche, un ingegnere afghano rifugiato, braccianti italiani e migranti, per lo più sottopagati. Hanno ragionato sulle potenzialità della tipica carota di sant’Ippazio o pestanaca: colori che virano dall’avorio al viola, alimentoantichissimo, prelibatezza del Salento, simbolo della biodiversità pugliese,oggi diffusa all’estero ma quasi scomparsa dalle tavole degli italiani.«La cooperativa promuoverà la produzione biologica, la raccolta rigorosamente manuale e la vendita, con il doppio intento di creare posti di lavoro e un modello di integrazione» spiega don Ciardo.

Il flusso di chi viene a bussare alla porta della parrocchia è alto, e il concorso è stata l’occasione per raccogliere una sfida difficile, candidandosi ad un fondo iniziale, per poi consolidarsi sul mercato. Anche grazie a servizi collaterali, come la manutenzione del verde, la pulizia dei terreni e l’aratura. Una speranza di giustizia e dignità per i troppi senza impiego, in una ‘terra-finestra’ sul Mediterraneo – come aveva intuito nitidamente don Tonino Bello – perché il lavoro possa diventare un bene comune. «La comunità possiamo farla assopire – aggiunge il parroco –, ma non accade se costruiamo la comunione».

Temi: