Mons. Felicolo: serve una accoglienza “intelligente”

11 Aprile 2019 – Roma – “La paura, alimentare la paura dei migranti, è il peggiore dei modi per affrontare la dimensione umana del fenomeno della migrazione. La paura ci fa chiudere, ci fa reagire in modo istintivo, la paura fa comodo, è utile e talvolta strumentale a chi la produce. La paura genera altra paura”.

A parlare è Mons. Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma in una intervista al periodico del Masci, “Strade Aperte”. Per il sacerdote nella paura “perdiamo di vista i nostri valori. L’altro diviene un nemico da cui difendersi”. Se poi la paura diviene da “individuale collettiva”, allora “si corre anche il serio rischio di fenomeni di reazione sociale non sempre controllabili. Tutto ciò va evitato”. E questo si evita – spiega Mons. Felicolo – attraverso la conoscenza dell’altro, “andando incontro all’altro per capirne le ragioni, le motivazioni, la disperazione della sua esistenza. La conoscenza dell’altro è come un faro che si accende sull’umanità delle persone. La conoscenza è luce, la paura è il buio. Dobbiamo perseguire la luce; dobbiamo, attraverso la conoscenza, sviluppare, e far nostro, il tema dell’accoglienza. Perché la buona accoglienza nasce dall’ascolto, dalla compartecipazione, dalla misericordia, dalla condivisione. La conoscenza allontana la paura e genera la buona accoglienza. E si accoglie prima con il ‘cuore’ e poi con la ‘mente’. Si accoglie con piccoli e grandi gesti, si accoglie personalmente o in modo comunitario. Si accoglie aprendo noi stessi alla speranza che le Persone possano cambiare e migliorare il proprio destino”.

Per questo occorre quella che il direttore Migrantes chiama accoglienza “intelligente”. Ancora prima delle “regole” – spiega –  serve “intelligenza” nel “comprendere cosa proporre nell’interesse del Paese e cosa offrire a queste Persone. L’accoglienza intelligente non è solo una questione di carattere economico ma è la giusta predisposizione personale e sociale ad includere l’altro, a farlo sentire parte di un progetto di inclusione sociale. Serve rispetto dell’altro, delle sue debolezze, dei suoi bisogni. La mancata accoglienza, il respingimento generano solitudine, abbandono, talvolta forme di violenza. Tutto ciò sviluppa un circolo di negatività che si può interrompere solo attraverso un ‘paziente cammino d’integrazione”. Per Mons. Felicolo si può accogliere in tanti modi e cita l’esempio del piccolo centro del crotonese dove gli abitanti si  si sono gettati in mare, al buio ed al freddo, per salvare la vita di 51 curdi la cui barca a vela stava affondando nel mare antistante Crotone. “Quanta umanità in quel gesto bellissimo di accoglienza. Prima di tutto, la vita delle persone, poi parliamo di ‘regole’ e di come gestire sul piano organizzativo e politico il fenomeno dei migranti. Se non mettiamo davanti a tutto la vita, ogni risposta, anche la migliore sul piano organizzativo, rischia di essere vuota, inconsistente. Accogliere è accettare l’altro, conoscerlo, donargli qualcosa ben sapendo che un gesto d’amore può cambiare il verso di una ‘esistenza negata’”. (Raffaele Iaria)

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