Don De Robertis: “occorrono urgentemente ‘costruttori di ponti’”

Roma – “Anche oggi c’è chi lavora per dividere, alimentando paure e rancori, e occorrono urgentemente costruttori di ponti”. Lo ha detto questa mattina il direttore generale della Fondazione Migrantes, don Giovanni De Robertis, nel suo saluto iniziale al seminario nazionale “Costruttori di Ponti 5 – La scuola racconta le migrazioni” promosso dall’Istituto Alcide Cervi, il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre, il Miur, la Fondazione Migrantes e la Rete Scuole Migranti. “Credo che a tutti voi sia noto quanto questa parola ‘ponti’ – ha detto ancora di De Robertis – sia cara a Papa Francesco e ritorni frequentemente nei suoi discorsi”.

“Certamente la scuola è chiamata ad esserlo, attraverso la conoscenza, la cultura, l’educazione. Alla luce dell’attuale situazione che stiamo vivendo, la sfida culturale ed educativa si fa urgente”, ha aggiunto il direttore di Migrantes sottolineando che “se occorre auspicare un cambiamento di mentalità e di azione è alle nuove generazioni che bisogna fare riferimento, dando loro strumenti di lettura della realtà a partire dalla consapevolezza che, al contrario di quello che spesso viene veicolato, l’Italia è un paese ponte e la scuola italiana veicola una cultura aperta al mondo perché è la stessa Italia, attraverso i flussi migratori in uscita e in entrata, che storicamente la contraddistinguono, ad essere un paese fortemente e inevitabilmente legato al cosmopolitismo”. Don De Robertis ha poi evidenziato che il tema scelto per il seminario di quest’anno “non poteva essere più in linea con il pensiero e l’operato della Fondazione Migrantes: la scuola racconta le migrazioni. Da sempre la Migrantes – ha detto –  ha tra le sue priorità la conoscenza reale del fenomeno migratorio, necessaria per dare una giusta e corretta informazione utilizzando un linguaggio rispettoso delle persone. Spesso ci troviamo di fronte a una informazione strumentalizzata o distorta oppure all’utilizzo di un linguaggio violento e irrispettoso. Ci dobbiamo chiedere tutti che genere di narrazione si fa delle migrazioni, per eventualmente correggere il tiro, ed è giusto che questa domanda sia posta in primis nei luoghi dell’educazione  e della formazione, proprio perché è in queste sedi che si formano le coscienze e le persone che animeranno il futuro della nostra società”. Le nostre società occidentali sono società ricche di beni ma povere di speranza: “affidiamoci ai ragazzi per ritrovare la speranza, ma perché possano custodirla, occorre che incontrino degli adulti che sappiano sognarli, come scriveva Danilo Dolci in un verso di una sua poesia, che ho sentito da un giovane di Polistena, un paese confinante con Rosarno e San Ferdinando di Calabria: ‘Nessuno cresce se non è sognato’. E che sappiano sognare un mondo dove le diversità non sono guardate come un pericolo ma una ricchezza”. (Raffaele Iaria)

 

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